È di questi giorni la notizia della morte dello storico dell’arte Philippe Daverio. Di lui non potremo dimenticare la curiosità per i più nascosti angoli di bellezza, una curiosità che riusciva ad entrare nelle profondità della conoscenza.
Lo ricorda con affetto James M. Bradburne, il direttore della Pinacoteca di Brera, dove è stata allestita la camera ardente dell’intellettuale dell’arte, dicendo di aver conosciuto Milano proprio grazie a lui e lo definisce uomo dallo spirito libero nell’esprimere le proprie idee.
Con il suo stile personale tra l’elegante e il bizzarro (indimenticabile il suo papillon, i grandi occhiali rossi), Daverio raccontava in modo quasi fiabesco l’opera d’arte riuscendo ad attirare l’attenzione anche dei più lontani dai musei e gallerie. Tra le sue più accattivanti spiegazioni quella del Polittico dell’Agnello Mistico nella cattedrale di San Bavone a Gand, opera del noto pittore fiammingo Jan Van Eyck.
Ammirabile l’impegno appassionato di Daverio in favore del recupero e della tutela dei beni artistici e paesaggistici della nostra nazione, anche dei più nascosti e sconosciuti ma testimoni della storia e civiltà di un territorio e della sua gente.
Ecco allora un invito alla lettura di alcuni suoi brevi commenti a monumenti presenti proprio nel nostro territorio varesino e nella stessa Busto. Si tratta di luoghi di grande pregio storico artistico che i nostri studenti hanno sempre avuto modo di visitare e studiare dal vero grazie anche ai progetti messi in atto dai docenti come “Vivere e conoscere il territorio”, i Ciceroni del Fai, “Va’ sentiero” ed altri ancora per comprendere che la Bellezza ci circonda e, se vogliamo, può stupirci ogni giorno.
Isabella Cuccovillo
I commenti sono tratti dal libro La Buona Strada – 127 passeggiate d’autore a Milano, in Lombardia e dintorni, edito da Rizzoli
Quel patto magico nel borgo medioevale.
Borgo di Castiglione Olona
In quell’aria a nord di Milano, che per molti corrisponde
oggi a un luogo una volta bello e che i tempi della modernità hanno trasformato in un caos dell’antropizzazione, conseguenza dell’industria, vi sono piccole rare eccezioni di equilibrio storico perfetto. L’Olona, fiume che da quelle parti arriva a Milano, deve al suo percorso i motivi della propria disgrazia: sulle sue sponde si sono insediati i primi gloriosi opifici ora archeologici, ma anche tutte le conseguenze di un disordine urbanistico che ha tolto l’Italia dal cliché del Belpaese.
Eppure talvolta la magia si rivela in angolature, senz’altro ristrette, al passeggiatore. Lo potete scoprire a Castiglione Olona, borgo medioevale di tale qualità che sembra lì proiettato da quell’Italia centrale che intatta lo è ancora. Metteteci piede, nel villaggio tra le case del Quattro e Cinquecento, e ringraziate il cardinale Branda Castiglioni per l’eredità che ha lasciato alla storia. fra i suoi gesti più intelligenti, vi fu quello di avere individuato Masolino da Panicale come eccellenza pittorica fiorentina, di averlo protetto e fatto lavorare, prima nel vescovado ungherese di sua competenza, poi nelle cappelle romane alle quali era affezionato e infine al paesello d’origine. Capolavori insospettati di Lombardia, piccoli luoghi di un cosmopolitismo antichissimo.
Castelseprio, Varese (ma con tanta Roma)
Chiesa di Santa Maria Foris Portas
E a un tiro di schioppo da Milano. La strada da Gallarate a Tradate in teoria non dovrebbe prevedere sorprese estetiche. Ma se poco prima di Tradate girate a sinistra finirete a Castelseprio. Parcheggiate sul bordo del parco archeologico. La passeggiata nel bosco è affascinante in ogni stagione e vi proietta in un ecosistema conservato e in una stratificazione della storia carica di insondati misteri. È quello un ultimo avamposto romano in epoca di invasioni barbariche. Fu occupato, il luogo, dai Longobardi nell’VIII secolo; ne fecero piazzaforte. Ma prima ancora la piccola chiesa di Santa Maria Foris Porta (la extraurbana) testimonia la formidabile quanto contraddittoria presenza di una Roma già decaduta nel VII secolo ma ancora viva. Sono unici e straordinari gli affreschi realizzati in una stesura tardo-ellenistica non ancora contaminata dal Protobizantinismo. In parole comprensibili: ci sono pezzi di pittura che hanno la maturità fisica d’una ultima abilità romana che si ritroverà solo dopo il Rinascimento. Più curiosa di tutte è la Fuga in Egitto con un asino che si profila come già in Tiepolo. Il mistero di questo permanere latino nell’Alto Medioevo è parzialmente chiarito dalla citazione dell’acqua amara della Madonna, tema in auge presso i greci e in alcuni vangeli apocrifi e vietato invece dai dettami del Concilio di Nicea. Gli ultimi legionari romani, resistenti come giapponesi su un’isola, erano invero cattolici di mente greca. A Castelseprio, nel Varesotto!
I tesori dell’antica arte tessil
Museo del Tessile e della Tradizione Industriale
Busto Arsizio
Apparentemente sarebbero pochi i motivi turistici per addentrarsi in quella urbanistica fluida e senza confini tra la provincia di Milano e quella di Varese dove si colloca la cittadina di Busto Arsizio, dallo strano toponimo corrispondente a un ipotetico doppio incendio, per via del fatto che sia prima combusta e poi arsa. Invece il suo civico museo tessile è un ottimo motivo per muovere e commuovere il viaggiatore.da quelle parti fin dal medioevo producevano panni e drappi, una volta di lana e poi, con il XIX secolo, di cotone. Per la nascita dell’industria tessile fu necessaria la presenza di corsi d’acqua, e l’Olona per quanto modesto fu più che sufficiente. Per lo sviluppo fu necessario invece l’ingegno imprenditoriale, che da quelle parti abbonda. Per l’affermazione, divenne infine necessaria la cura che le fabbriche d’allora prediligevano rispetto ai modesti capannoni d’
oggi. Il museo è ciò che rimane della vasta area della fabbrica dell’ex Cotonificio Bustese, ed È costituito da un bellissimo doppio padiglione dal sapore gotico industriale affiancato da due torri occhioni imponenti. All’interno vi troverete tutta l’evoluzione della macchina tessile, dal vecchio telaio jacquard alle potenti invenzioni inglesi. Poi al piano di sopra il prodotto, dal tessuto allo stampato, fino ai ritrovati dei nostri tempi recenti, quando la stoffa si fa high-tech per le tute spaziali.
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