PERCHÉ DANTE
Venticinque marzo, Dantedì. Ma perché celebrare ancora Dante e la sua opera, perché proprio quest’anno? Certo, sono passati 700 anni e, si sa, le cifre tonde meritano maggiore attenzione. Ma è davvero necessario celebrare Dante, oggi, in un momento così difficile, oppressi come siamo da una pandemia che non se ne vuole andare, da problemi ambientali che ci stanno soffocando, da una crisi economica sempre più profonda, da una calo demografico senza precedenti? La risposta non può che essere affermativa: proprio adesso, è necessario, anzi, doveroso fermarsi, cercare e trovare tempo per far spazio a Dante e alle sue parole; il perché è lui stesso a mostrarcelo: dopo essersi perso nella selva, aver dubitato di sé, dopo aver sperimentato e toccato l’abisso del male, passo dopo passo ha iniziato a risalire, aggrappandosi al pelo stesso di Lucifero, fino a che non è riuscito a scorgere nuovamente il cielo e con questa rinnovata speranza è poi salito sino al Paradiso. Ė questo allora l’insegnamento che oggi, proprio oggi, a noi, Dante continua a dare: non esiste selva tanto oscura o baratro tanto profondo da cui non sia possibile emergere per poter uscire a riveder le stelle.
Alessandra Torreggiani